Tutti economisti? Sembra di sì, o quasi, scorrendo alcuni numeri sull’insegnamento dell’Economia nelle università italiane. Al primo posto per numero di iscritti (poco meno di 235mila) nonostante il filtro dei test d’ingresso e al primo per numero annuo di laureati: quasi 50mila l’ultimo dato disponibile (2016). E anche fuori dai confini italiani gli studenti di Economia crescono e sempre più atenei offrono corsi di laurea o, per usare il termine appropriato in questo caso, di bachelor. Va da sé che se le facoltà di Economia italiane sono tanto frequentate, il titolo di studio all’estero pone inevitabilmente in una posizione di vantaggio. E se è vero che la concorrenza stimola il miglioramento della qualità, il moltiplicarsi delle istituzioni con corsi di Economia fa bene alla qualità dell’offerta educativa. Insomma, non ci sono soltanto Harvard o London School of Economics ma anche una miriade di ottime scuole nel mondo.

Che gli studi di Economia siano i più gettonati dai ragazzi che entrano nel mondo accademico non deve stupire. Non certo perché – salvo rare eccezioni – siano affascinati dalle teorie di Adam Smith o David Ricardo, padri fondatori della scienza economica. Piuttosto, i ragazzi sanno che gli studi economici sono quelli che aprono più porte nel mondo delle imprese. Che siano società dell’impalpabile web economy o aziende di impiantistica che costruiscono autostrade e dighe, che siano banche, assicurazioni, provider di servizi, produttori alimentari o di robot, ospedali o uffici pubblici hanno sempre, inevitabilmente, bisogno di laureati in Economia. Dalla finanza al controllo di gestione, dalla pianificazione strategica alla contabilità al marketing, ci vuole sempre qualcuno che conosca i fondamentali dell’Economia.

Ma quale Economia? Ricerca, management, finanza? Qui una distinzione si impone e dovrebbe essere chiara fin da subito agli studenti che scelgono questa disciplina. Perché è Economia l’elaborazione di scenari “macro” che cercano di prevedere quanto varierà il prodotto interno lordo, l’occupazione, il reddito di un paese o di una regione ed è Economia pianificare il lancio sul mercato di una nuova merendina o studiare una nuova formula di mutuo immobiliare o fare la spending review di una regione.

Chi si avvicina a questa scelta deve dunque cercare di chiarirsi le idee per capire se “da grande” vuole entrare nel mondo della ricerca, del management o della finanza. Le migliori università offrono di norma un ampio ventaglio di scelte e perciò vale la pena, prima di tentare l’ammissione in un ateneo, documentarsi su quali percorsi propone. In altre parole, spendere un po’ di tempo a leggere non soltanto il titolo dei corsi a disposizione ma anche i loro contenuti (tenendo presente, tra l’altro, che sotto lo stesso titolo ci possono essere differenze notevolissime a seconda che si svolgano in una università o in un’altra). Solo in questo modo si può fare una scelta che risulti quanto più possibile “su misura” e che, nel percorso di formazione, non dia luogo a grossi ripensamenti.

Tirando le fila: è necessario che il ragazzo o la ragazza che hanno in mente questo tipo di studi prima chiariscano bene a sé stessi su quale puntare tra le numerose carriere possibili; poi devono procedere a una ricerca delle università che, con i loro programmi esaminati in dettaglio, soddisfano nel modo migliore le loro aspirazioni. Un lavoro di scrematura non facile da compiere da soli, se non altro per la massa di informazioni con cui si ha a che fare. In questo processo decisionale il supporto di consulenti che conoscono il panorama delle opportunità semplifica e rassicura. Chi se ne serve di norma sceglie corso e università giusti.

Redazione News4You
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